“La cucina è un atto d’amore” e lei sa raccontarcelo molto bene. Vi presentiamo Maria Andolfo

 Vi presentiamo Maria Andolfo, chef nella vita, FoodHunter per passione.

L’abbiamo notata all’interno del gruppo (Iscrivetevi al gruppo) per la sua eleganza e la sua delicatezza.

I suoi articoli profumeranno di Sicilia e di Umbria, ricette, racconti, prodotti e tecniche di cucina, una cucina raffinata e contemporanea e concreta.

Le abbiamo chiesto di presentarsi, lei lo ha fatto così. 

 “Parlami di te bella signora, parlami di te che non ho paura parlami di te dei tuoi silenzi”

No, scusate, non è questo che dovevo scrivere, è solo che mi è stato chiesto di parlare di me; ora, li per li sembrava la cosa più semplice del mondo, ho risposto: si, certo, perché no, ma adesso che sono qui a provare a mettere tutto nero su bianco la cosa diventa più complicata. Ma ormai ho accettato, che figura ci farei? E allora…. Cominciamo.

Il mio nome è Maria Andolfo, nata e cresciuta, stabilmente, in Sicilia fino a circa 8 anni fa, quando, insieme al mio compagno, ho deciso di trasferirmi in Umbria, a Foligno per la precisone, con l’intento di avviare un’attività nel campo della ristorazione.

Così è nato il Biancomangiare Ristorante.

Come siamo arrivati a questa scelta? Questo è più complicato da scrivere.

Premetto che la mia attività, fino a prima del trasferimento a Foligno, era di impiegata comunale e quella del mio compagno era, ed è, quella di fotografo. Ci siamo trovati, entrambi amanti del buon cibo e del cucinare. Personalmente ero inquieta ed insoddisfatta e, spinta dall’entusiasmo del mio compagno, ho deciso di investire i miei risparmi e tutta me stessa in questa avventura. E abbiamo iniziato, senza avere la più pallida idea di cosa, realmente, questo significasse.

L’inizio è stato tragico, ritrovarsi, senza un minimo di esperienza, sia in cucina che in sala, armati solo dell’amore per la cucina, non nego che ci abbia messo in grosse difficoltà. Ma ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo dato quello che, secondo noi, era il meglio di noi stessi.

Finalmente ho iniziato a fare qualcosa che mi dava soddisfazione. Ho sempre amato la cucina, ho dei bellissimi ricordi delle ore passate con una nonna che non faceva altro che sfornare dolci, biscotti in particolare, e la mia vita è stata sempre pregna dell’odore delle arance che finivano nei suoi biscotti. Mio padre mi ha fatto crescere circondata da buon pesce, freschissimo, che spesso pescava con le sue mani. Non stavo molto in cucina, per la verità quasi per niente, ci pensava mia mamma, più che altro criticavo, troppo cotto, poco sapido, poca anima ecc.

Insomma, ero una gran rompina e, sinceramente, lo sono ancora, prima di tutto con me stessa. Ma è arrivato il momento in cui ho dovuto rimboccarmi le maniche, e nel farlo ho iniziato a metterci del mio.
Non mi accontentavo di preparare quello che avevo sempre mangiato, volevo qualcosa di diverso, abbinamenti insoliti, sapori che riuscissero a mischiarsi all’usuale. 

Quando ho iniziato, al Biancomangiare, ho cercato di preparare i piatti della tradizione siciliana prestando particolare attenzione alla presentazione. Ad un certo punto, e non molto lontano dall’inizio, qualcosa in me ha iniziato a farsi avanti; qualcosa che non sono ben in grado di definire, ma è avvenuta una trasformazione, del tutto involontaria. Ho iniziato a vedermi, letteralmente, mentre cucinavo dei piatti che, pur mantenendo le caratteristiche della tradizione, avevano delle consistenze diverse, e dei sapori che prendevano corpo sul mio palato.

Così ho iniziato ad approfondire le tecniche di cottura per raggiungere quel sapore e quella forma che, nitidamente, sentivo e vedevo. Non avevo né il tempo né la capacità economica di andare a fare degli stage, o delle scuole specifiche, ormai ero in ballo, all’inizio, non potevo abbandonare il ristorante e così ho fatto tutto da sola, aiutandomi con quanto trovavo a portata di mano. Una volta raggiunto quello che, secondo me, era un obiettivo apprezzabile, avendo la possibilità di far assaggiare ad altre persone quanto realizzato e notando le loro reazioni ho capito che riuscire a regalare delle emozioni ai commensali, insieme allo sperimentare, sono le cose che mi danno più gioia e, da quando ho iniziato, nonostante il ristorante non ci sia più, la mia ragione di vita è diventata la cucina.

Cucinare è, per me, un atto d’amore, profondo e incontrollabile. L’ingrediente non è soltanto qualcosa che va trasformato, o, a volte , consumato così com’è; se penso ad esempio ai pomodori maturati al sole che la mia terra mi forniva d’istinto mi verrebbe solo voglia di affettarli e mangiarli così come sono. Al tempo stesso, però, mi piace riuscire a mantenere il sapore originale senza “asperità”. Adoro tutto quello che in bocca si rivela delicato. E così viene fuori la mia mania per i passini. Negli anni ne ho acquistati una grande quantità, di varie maglie, nella mia cucina non possono mancare. Passo, filtro, centrifugo e infine ridò consistenza, in vari modi, oggi le tecniche aiutano molto.

Mi viene in mente la gelatina di pomodoro, una sfera che, a parte il colore, non farebbe pensare ad un pomodoro, ma una volta giunta in bocca riporta improvvisamente l’estate e la semplicità.

Sono una sostenitrice dei piatti con pochi ingredienti, poche spezie, la cosa importante è la materia prima, se di ottima qualità non ha bisogno di essere mascherata, al contrario, da sola basta a regalare quelle emozioni che in molti ricercano. Io sono una persona costantemente in cerca di emozioni e il cibo riesce a regalarmene davvero tante.

A volte ho come la sensazione che il cibo mi parli, in positivo e in negativo e, se non fossi così esigente con me stessa, probabilmente mi parlerebbe più positivo. Ma, aimè, sono sempre alla ricerca di qualcosa in più, di un equilibrio impercettibile ma assoluto.

Se potessi vorrei spiare i clienti, vedere le loro espressioni mentre assaggiano una pietanza, il corpo ha un linguaggio chiaro, che va ben oltre le parole. Io, ad esempio, non assaggio mai nulla che non abbia prima annusato, il passaggio successivo, spesso, se il profumo è già riuscito a regalarmi un emozione, è quello di assaggiare chiudendo gli occhi, per non lasciarmi distrarre da tutto quello che mi circonda, se potessi escluderei anche i suoni, per essere totalmente immersa nel sapore e  se questo riesce a farmi smuovere le farfalle nello stomaco, beh, che dire, ha assolto il suo compito. 

Quando cucino è come tornare a quando sono diventata mamma, un piccolo essere aveva bisogno delle mie cure e del mio amore, e in qualche modo questo lo sposto sull’ingrediente. Va ascoltato, compreso, curato e, soprattutto, amato.”


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